Non è stato il Covid-19 il male del calcio dilettantistico, ma un virus che già 20 anni fa si era insediato in questo meraviglioso sport. 

Difficile spiegare in poche righe quanto accaduto nel calcio dilettantistico nel corso di questi lunghi anni. Una cosa è certa: i danni quasi irreversibili sono sotto gli occhi di tutti. 

Non vogliamo parlare di problemi economici, perché tra alti e bassi, ognuno stava al proprio posto, nelle proprie categorie di riferimento. Quando però la preparazione e la passione lasciano il posto alla mancanza di competenze e all’improvvisazione, ecco che il male si propaga. Il calcio si trasforma in un circo in cui sono tutti spettatori di uno spettacolo triste fatto da fenomeni da baraccone chiamati “direttore”. C’è un direttore per ogni cosa, per tutti i gusti.

La differenza rispetto a vent’anni addietro? Beh, lo abbiamo sempre detto e ribadito, anche nelle chiacchiere da bar. Coloro che oggi pensano o immaginano di fare calcio, venti anni fa sarebbero stati in gradinata recitando il ruolo di tifosi, se non sul divano di casa a vedere la Serie A. 

Da allora, tra dirigenti, tecnici e calciatori, che dopo una lunga gavetta hanno fatto carriera o sono rimasti nel cuore dei tifosi nel bene o nel male, nelle ultime stagioni abbiamo vissuto un vero e proprio massacro tra ignoranza e incompetenza. 

Nulla di nuovo sotto il sole, ma non basta garantire una “cifra” per entrare in una società, garantendo questo o quello (che tanto non arriveranno mai prendendo in giro tutti, ndr), né tanto meno avere potere decisionale solo perché si portano parte dei soldi utili per portare avanti una stagione (certe volte anche mezza). Non basta nemmeno pensare che le attività giovanili siano solo business senza educazione sportiva e che i genitori debbano pagare per vedere i propri figli giocare a calcio. Perché ci vuole ben altro, al di la della passione… 

Chi pensa alla programmazione di un club? Chi pensa ai calciatori? Chi pensa alla gestione della stessa società? Chi pensa all’aspetto comunicazione e marketing? Chi pensa a tutte quelle piccole cose di cui necessità una squadra giornalmente? 

Inutile nascondere come molti che si atteggiano per qualcosa che non hanno mai fatto, sono la rovina del nostro calcio che non si ferma solo al tecnico che porta lo sponsor o del presidente che accetta tutto questo e tutto ciò che ne consegue. Di particolare interesse anche il ruolo delle amministrazioni comunali per lo più assenti, che non solo non muovo in dito, ne tanto meno controllano, ma poi non mettono i veri imprenditori (qualora ce ne fossero) nelle condizioni di poter lavorare serenamente. E’ vero che un Ente oggi non può garantire soldi, si sa che da questo punto di vista il “piatto piange”, ma quanto meno mettere a disposizione strutture dove poter sviluppare i propri progetti, fare calcio e sviluppare i settori giovanili, perché lo sport rimane sempre il centro di aggregazione naturale per eccellenza.  

Insomma, parliamo di un calcio che fa migliaia di spettatori in giro per la Sicilia, che hanno sempre a cuore le sorti delle squadre della città di appartenenza, ma che non accettano che vengano date nelle mani a sciacalli che nulla hanno a che fare con questo sport. 

Maggiore attenzione dovrebbero porla anche gli organi competenti. Si dovrebbe pensare ad una “riforma” in cui verrebbero eliminate tante mele marce che tanto male fanno al calcio. 

Se non ci attiviamo sin da subito per un cambio radicale, guarderemo sempre alle altre regioni che sfornano campioni mentre noi siamo rimasti al palo, con tre squadre in Serie C, qualche squadra in Serie D, con i campionati di Eccellenza e Promozione in cui si soffre per mille ragioni e con pochi calciatori che emergono da queste sabbie mobili.   


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